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Commercio internazionale: previo assenso informato per prodotti chimici pericolosi

Regolamento (CE) n. 304/2003 e procedura di previo assenso informato per i prodotti chimici pericolosi nel commercio internazionale

Attilio Zuccarello
(Consulente giuridico della “European Association of Chemical Distributors (FECC)”)


La Convenzione di Rotterdam introduce ufficialmente uno dei più importanti principi oggi vigenti nel commercio internazionale di prodotti inquinanti e tossici: il sistema del “previo assenso informato” (PIC), frutto della collaborazione attiva tra i soggetti pubblici e privati parti della traslazione, diviene il fulcro della regolamentazione internazionale sui prodotti chimici. Con il Regolamento (CE) n. 304/2003 del gennaio 2003 si attua la normativa, introducendo inoltre le modifiche ritenute necessarie per rendere ancora più severi alcuni obblighi.

Tale Convenzione propone che la procedura Prior Informed Consent – PIC1, disciplinata dalle disposizioni non vincolanti degli orientamenti di Londra, elaborati dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) del 1989 e dal codice di condotta sul commercio internazionale dei prodotti chimici stilato nel 1990 dalla FAO, diventi obbligatoria.. Scopo di una tale collaborazione, che si basa sulla schedatura dei prodotti chimici e dei pesticidi più pericolosi e dello scambio delle informazioni relative, è quello di “encourage the sharing of responsabilities and contribution between the various parties for the international trade of such substances, in order to protect human and environmental health [...] and to contribute to the sustainable ecological use of these chemicals” (sottolineatura originale)2.

L’acquisita obbligatorietà introdotta dalla Convenzione permette alle parti di rifiutare l’importazione dei prodotti indicati in allegato e di condizionare la commercializzazione di quest’ultimi al previo assenso da parte del paese importatore. Di conseguenza si strimolerà uno scambio di informazioni sul prodotto tra l’importatore, l’esportatore e le autorità nazionali ed europee, in base al quale procedere alla disciplina e alla regolamentazione caso per caso della transazione. Inoltre sarà anche possibile individuare procedure ad hoc o, se necessario, sottoporre l’intera operazione a restrizioni più o meno drastiche. L’urgenza attribuita a tale riforma ha indotto la FAO e la UNEP a convenire sull’individuazione di un “interim PIC procedure3, durante il periodo intercorrente tra l’apertura della Convenzione e il completamento delle adesioni necessarie per l’operatività del PIC. Dal canto loro, le più importanti rappresentanze europee del settore chimico, l’European Chemical Industry Council (CEFIC) e l’European Association of Chemical Distributors (FECC), hanno spontaneamente applicato alcune disposizioni della Convenzione già dall’aprile del 2002, dunque prima della sua entrata in vigore, con un contributo importante concretizzatosi poi nell’apporto di alcune proposte di adeguamento al testo del Regolamento 304/2003.

  1. La Convenzione di Rotterdam

1.1. Organismi principali e prima fase dell’iter.

Richiamando già nell’Introduzione le disposizioni della dichiarazione di Rio su Ambiente e sviluppo e l’Agenda 21, la Convenzione sottolinea subito che “two of the major problems, particularly in developing countries, are lack of sufficient scientific information for the assessment of risks entailed by the use of a great number of chemicals, and lack of resources for assessment of chemicals for which data are at hand4. Finalità, coerentemente ribadide, poi, con forza ed in modo esplicito nell’art. 1 in cui si sottolinea che l’obiettivo delle parti è quello di « promuovere la responsabilità solidale e la cooperazione tra le parti […] nonchè di contribuire [all’utilizzo dei prodotti chimici] ecologicamente razionale, favorendo gli scambi di informazioni sulle loro caratteristiche », tramite l’istituzione di una serie di « procedure di decisione nazionale per la loro importazione ed esportazione e prescrivendo la notifica delle relative decisioni alle parti »5.

L’ambito di applicazione della Convenzione e del conseguente Regolamento del 2003 è assai ampio e comprende le importazioni e le esportazioni di tutti i pesticidi altamente pericolosi e i chimici vietati o soggetti a restrizioni dalle normative vigenti6, escludendo altresi’ l’applicazione della normativa al commercio internazionale di chimici ad uso bellico, sostanze psicotrope, materiale radioattivo o di rifiuto, farmaci, prodotti ed additivi alimentari, chimici in quantità limitate a fini di ricerca o per uso personale7. La ratio di tali esclusioni è quella di non invadere ambiti di applicazione di altre normative o di non porre inutili impedimenti laddove la ricerca o la modica quantità sconsigliano una eccessiva prudenza.

Abbiamo già sottolineato come la strada intrapresa sia quella della collaborazione tra diverse entità: fra queste un ruolo propulsivo è affidato alle autorità nazionali. Ogni Stato firmatario, infatti, si impegna a designare le autorità nazionali alle quali saranno conferite funzioni amministrative e di impulso conseguenti all’operatività della procedura PIC. Tali autorità si presenteranno come naturali controparti del Segretariato, ossia il soggetto costituito, ex art.19, dal direttore esecutivo dell’UNEP e dal direttore generale della FAO ed istituito principalmente per organizzare le riunioni delle parti, fornire loro assistenza, espletare il coordinamento con gli altri organismi internazionali e concludere gli accordi e i contratti necessari per l’attuazione della Convenzione.

Individuate nelle autorità nazionali designate e, nel Segretariato, gli organismi fondamentali, analizziamo ora la procedura relativa ai prodotti chimici individuata a Rotterdam.

Ogni Stato aderente alla Convenzione si impegna ad informare il Segretariato su ogni atto normativo definitivo8 che introduca su scala nazionale restrizioni in materia di commercio e di trattamento di prodotti chimici. L’informativa dovrà essere presentata entro e non oltre novanta giorni dopo la fine dell’iter nazionale di approvazione dell’atto medesimo9. L’autorità nazionale designata si impegna altresi’ a completare l’informativa con descrizioni dettagliate, in riferimento alle caratteristiche e agli impieghi del prodotto nonchè agli elementi fondamentali della disciplina intrapresa, come ad esempio l’indicazione delle categorie oggetto di regolamentazione e sintesi dell’atto adottato10. In segno di continuità tra la Convenzione e gli orientamenti di Londra, all’art.5.2. si fanno salve tutte le comunicazioni successive ai documenti dell’UNEP e della FAO e precedenti l’entrata in vigore del testo di Rotterdam.

Ricevute le notifiche descritte, il Segretariato si impegna a verificare, entro sei mesi, la correttezza delle informative ed a inviare alle parti interessate una sintesi dei documenti relativi ai prodotti e alle normative in materia, fatta salva comunque la possibilità di una previa richiesta di ulteriori approfondimenti nel caso di notifiche incomplete11. Si verifica così, di fatto, una prima fase di controllo e di stimolo alla divulgazione di informazioni. Successivamente a questa fase, e solo qualora il Segratariato riceva almeno due notifiche su un medesimo prodotto da commercializzare provenienti da diverse regioni aderenti al sistema, allora esso si attiverà investendo il “comitato di esame per i prodotti chimici” del compito di esaminare i dati scientifici e giuridici raccolti. Alla fine di tale analisi il comitato emettera’ una raccomandazione destinata alla “conferenza delle parti”12 sulle restrizioni e sulla possibilità di sottoporre la sostanza al procedimeento di previo consenso desunto dall’Allegato III della Convenzione (art.5.6.). All’art. 18.6. la Commissione enuncia il profilo e i compiti del comitato di esame: esso viene costituito in seno alla prima conferenza delle parti, è composto da esperti in materia, designati dai governi delle parti della Convenzione secondo il principio di equa distribuzione geografica ed equilibrio tra rappresentanti di paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, ed ha la funzione di emettere raccomandazioni sulla discplina da adottare nei singoli casi ad esso sottoposti.

La nomina dei membri della commissione di esame non e’ l’unica funzione svolta dalla conferenza delle parti: tale organo procederà alla costituzione degli altri organismi ausiliari che reputi necessari, coopera con le competenti organizzazioni internazionali e con enti di varia natura, progetta ed intraprende eventuali azioni complementari, prevendendo, a tal fine, anche riunioni strordinarie, laddove lo si reputi utile al funzionamento e alla realizzazione degli obiettivi13.

Si vanno cosi’ a delineare i protagonisti di questo complesso meccanismo di controllo: il Segretariato, quale organo direttivo e di coordinamento superpartes14; i rappresentanti istituzionali designati dai governi nazionali, con il loro potere di impulso per la procedura PIC, come controparti e naturali collaboratori; quale ente di divulgazione e destinatario delle informazioni, infine, la conferenza delle parti, unitamente al comitato di esame, sarà il soggetto promotore degli approfondimenti e della redazione delle raccomandazioni sui provvedimenti da intraprendere in base alle caratteristiche dei singoli prodotti e delle normative nazionali.

    1. Procedure relative ai “formulati pestici altamente pericolosi”.

Particolare attenzione viene dedicata al problema delle asimmetrie in campo tecnologico tra paesi industrializzati, da una parte, e paesi in via di sviluppo o ad economia di transizione, dall’altra. Soprattutto per quanto riguarda il problema dell’inquinamento da pesticidi, si prevedono procedure di urgenza, grazie alle quali tali paesi possono chiedere al Segretariato l’inclusione nell’allegato III (in cui sono riportate le sostanze a cui applicare la procedura di previo assenso informato) di tali prodotti, qualora dal loro corretto uso si verifichino problemi ambientali15. Tale iniziativa dà luogo a perizie tecniche e controlli supplementari e deve essere condizionata alla presentazione delle informazioni riguardanti l’identità del pesticida, le modalità d’uso, gli eventuali inconvenienti insorti durante la sua utilizzazione, possibili contromisure già intraprese16. A questo punto l’esame del Segretariato si concentrerà sulle caratteristiche fisico-chimiche e tossicologiche del formulato pesticida, sulle normative negli altri stati, sulle ulteriori informazioni di diversa natura, sulle valutazioni di rischio e dati sull’utilizzo del prodotto, sulle pratiche alternative antiparassitarie17. A questo punto la procedura ripropone quanto già visto per i prodotti chimici, incluso il coinvolgimento del comitato di esame e la conferenza delle parti.

In comune le due procedure hanno, inoltre, lo stesso tipo di conseguenze al responso fnale: laddove il comitato decidesse di includere il prodotto, sia esso un prodotto chimico soggetto a limitazioni che un pesticida ad alto coefficente di pericolosità, nell’elenco dell’Allegato III, allora elaborerà un “progetto di documento orientativo” in cui relazionare tutte le informazioni ottenute durante l’iter o successivamente ricavate da ulteriori approfondimenti. Da tale testo si procederà all’elaborazione della raccomandazione da sottoporre a votazione della conferenza delle parti18. In caso in cui, invece, si decidesse di non sottoporre la sostanza alla procedura obbligatoria, si puo’ sempre fare salva l’iscrizione volontaria del prodotto nell’Allegato III qualora precedentemente le parti vi abbiano provveduto in un periodo antecedente la prima riunione costitutiva dell’organismo19. Qualora, poi, in seguito ad un’integrazione del materiale informativo, si devincesse la non pericolosità della sostanza è fatta salva la possibilità di eliminare il prodotto dall’elenco, liberalizzando il suo commercio.

1.3. Disciplina del commercio internazionale dei prodotti chimici compresi nell’Allegato III.

La disciplina del previo consenso informato necessita ovviamente della collaborazione attiva delle parti che, al momento della sottoscrizione del testo, si sono vincolate a tale disciplina. Due articoli estremamente importanti, dunque, sono gli articoli 10 e 11, che riguardano, rispettivamente, gli obblighi connessi all’importazione e quelli concernenti l’esportazione delle sostanze che, in seguito alla procedura descritta in precedenza, siano state inserite nell’Allegato III. Sia che esse importino materiale sottoposto al PIC sia che esse lo esportino, sulle parti grava l’obbligo di adottare i dovuti provvedimenti legislativi o amministrativi per agevolare gli organi competenti ad una celere definizione delle discipline e delle restrizioni da applicare ai prodotti dell’Allegato III (un generico obbligo di collaborazione). E cio’ si garantisce con una cooperazione tra le parti non solo nella fase di studio e di analisi del prodotto incriminato ma, a maggior ragione, successivamente all’introduzione della sostanza nell’elenco dei prodotti pericolosi. Quindi, le parti dovranno trasmettere al Segretariato notizie sulle future importazioni del prodotto in modo tempestivo (non oltre nove mesi dopo la spedizione del documento orientativo del comitato di esame)20. Il Segretariato analizzerà la decisione presa dalle parti, decisione che potrà consistere in un’autorizzazione dell’importazione da parte dell’amministrazione nazionale, o in un suo diniego21, o ancora in un consenso condizionato all’espletamento da parte dell’importatore e dell’esportatore di determinate procedure cautelative.

E’ inoltre prevista la possibilità di scegliere, anche in via temporanea, una gestione transitoria dell’operazione finalizzata alla raccolta di ulteriori dati o all’assistenza da parte del Segretariato22. Molto dipenderà dalla raccomandazione che il comitato di esame e la conferenza delle parti hanno espresso ad inizio iter.

L’importanza di una piena consapevolezza, da parte dell’autorità nazionale designata, delle proprietà del prodotto da importare quale base su cui fondare le proprie decisioni è testimoniata anche dall’art.10.3., laddove si esclude qualsiai tipo di silenzio assenso: nel caso in cui la parte non dovesse rispondere al Segretariato entro i nove mesi previsti, lo stesso Segretariato si attiverà, sollecitando ed eventualmente offrendo la sua assistenza.

Per la parte esportatrice vige, invece, il dovere di adottare i dovuti provvedimenti atti ad incentivare il rispetto, da parte degli esportatori operanti nel territorio di sua competenza, delle decisioni da essa prese per uniformarsi alla risposta della conferenza delle parti23. Interessante il dettame dell’art.11.1, punto c): anticipando il principio meglio approfondito all’art.16, si istaura una sorta di impegno all’assistenza ed alla cooperazione con la parte importatrice che, qualora in difficoltà, potrà richiedere un potenziamento delle competenze nella gestione del risk management, durante tutto il ciclo di vita del prodotto chimico. Come facilmente comprensibile, alcuni doveri dell’esportatore saranno deducibili dai corrispettivi compiti dell’importatore: nel caso in cui l’importatore abbia sospeso l’operazione per un approfondimento di indagini della sostanza e dei dati del documento della conferenza, l’esportatore sarà tenuto a rispettare tale decisione ed eventualmente a collaborare con la messa a disposizione dei dati scientifici in suo possesso24. Tale disponibilità non puo’ essere richiesta solo nel caso in cui la sostanza sia già stata registrata proprio dalla parte importatrice, se la stessa l’abbia già precedentemente importata, senza averne vietato l’utilizzo con atto normativo, o nel caso in cui vi sia un’autorizzazione ad una domanda diretta di esportazione da parte dell’autorità pubblica designata, avendo, in questo caso, le parti già bypassato il Segretariato (art.11.2).

Da questo complesso di poteri e di doveri delle parti scaturisce sostanzialmente un forum permanente, che il Segretariato semestralmente si impegna ad aggiornare. La divulgazione delle informazioni riguardanti gli atti normativi vigenti negli stati ove operano le parti interessate, le descrizioni delle proprietà dei prodotti trascritti durante la prima fase del PIC nel registro dell’Allegato III, al limite anche le omissioni delle autorità designate al momento di invio delle decisioni su determinate operazioni rispondono sostanzialmente alla strategia che da molti anni la Commissione persegue nel regolamentare e sottoporre a controllo il commercio internazionale nel settore chimico: quella, cioè, di gravare le parti che commerciano chimici con obblighi di controllo, divulgazione di informazioni e di restrizioni al fine di creare una sorta di data base in materia, di un catalogo delle proprietà delle sostanze.

Tutto cio’ sarà il risultato della collaborazione tra di un ente sovranazionale (il Segretariato) e le parti nazionali (le autorità). Una uguale strategia si rintraccia nella proposta, in discussione in questo momento, di un sistema di valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche (il c.d. REACH)25: tale sistema si basa sulla cooperazione di un’Agenzia europea con i singoli Stati membri, anche se in questo caso l’onere e le spese per gli approfondimenti e i controlli sono tutti a carico delle imprese private e non delle autorità pubbliche designate a livello nazionale(da noi chiamate appunto “parti”).

Questo clima di collaborazione e di cooperazione viene implicitamente ribadito anche all’art. 20, laddove si dispone che “le parti dirimono le eventuali controversie tra loro relative [al]l’applicazione della presente convenzione mediante trattative o [...] altro mezzo pacifico”: tali “mezzi pacifici” vengono individuati nell’arbitrato o nel deferimento presso la Corte internazionale di giustizia e, in ultima istanza e qualora dopo dodici mesi non si fosse raggiunta una soluzione, ad una commissione di conciliazione.

1.4. Notifica di esportazione.

Arriviamo, dunque, all’ultima fase. Dopo la segnalazione della parte interessata, l’analisi del comitato di esame e il voto della conferenza delle parti, la risposta della parte sulla decisione da prendere in merito all’importazione della sostanza e il ruolo di coordinamento e di assistenza del Segretariato, la sostanza puo’ non essere autorizzata: in questo caso, nulla quaestio, almeno fino a quando non verrà cancellata dal registro dell’Allegato III o si procederà a nuovo procedura con ulteriori informazioni. Al contrario, se il commercio del prodotto viene autorizzato o viene sottoposto solo ad alcune restrizioni, i soggetti interessti si attiveranno al rispetto delle condizioni individuate.

Nel caso in cui il commercio di una sostanza vietata o sottoposta a restrizioni da una delle parti venga, invece, autorizzata dalla parte importatrice prima ancora di aver sottoposto il prodotto al PIC per la conseguente iscrizione dello stesso nella lista dell’Allegato III, viene previsto che, quanto meno, sarà compito della parte esportatrice inviare la notifica dell’operazione alla parte importatrice. Tale “notifica di esportazione” (art.12) dovrà essere rilascita appena l’atto normativo restrittivo nazionale viene adottato e sarà rinnovata all’inizio di ogni anno civile. La parte importatrice dovrà accusare ricevuta, azione che condiziona l’operatività dell’accordo commerciale. In caso di ritardo protratto oltre trenta giorni dalla spedizione della prima notifica, la parte esportatrice dovrà procedere a seconda notifica, senza poter rivendicare, nel caso in specie, l’applicazione del silenzio-assenso.

La notifica dovrà contenere le seguenti informazioni26:

  1. nome ed indirizzo delle parti,

  2. data di esportazione,

  3. identità della sostanza e le informazioni già previste dall’Allegato I,

  4. utilizzo e categoria del prodotto,

  5. eventuali precauzioni e modalità di trattamento,

  6. identità del soggetto privato che importa tale prodotto.

L’obbligo di notifica di esportazione cessa qualora la sostanza portasse a termine l’iter PIC, con la sua iscrizione alla lista dell’Allegato III e la comunicazione da parte del Segretariato della decisione della parte importatrice di non opporsi alla transazione, come disposto dall’art. 10.10.27.

  1. Il Regolamento (CE) n. 304/2003 e le modifiche al testo base della Convenzione.

Con il Regolamento n. 304/2003 la Commissione di fatto ripropone la struttura della Convenzione di Rotterdam28. E’ innegabile che il testo del 2003 pur apparentemente discostandosi dalla normativa ispiratrice del passato, si propone in sostanza di rafforzare e conservare alcune norme del testo originario, riguardanti la tutela della salute pubblica e la protezione del patrimonio ambientale. Non a caso il relatore raccomanda di “modificare la base giuridica della proposta della Commissione” precedente al testo definitivo, invitando ad individuare nell’art. 175, paragrafo 1 CE29 la norma ispiratrice della disciplina obbligatoria del PIC e modificando l’approccio iniziale fondato sull’art.133 CE30.

Sempre in quest’ottica appare di grande rilievo il fatto che la Convenzione di Rotterdam e il Regolamento 304/2003 abbiano come effetto l’abrogazione e la sostituzione del Regolamento (CEE) n. 2455/92, relativo al medesimo settore: nella proposta di regolamento del Consiglio31, a pag.5, si sottolinea che è stato ritenuto “necessario modificare alcuni elementi per adeguarli alle disposizioni della Convenzione [...] che per certi versi risultano più severe”, mentre la Commissione ribadisce l’opportunità di mantere in vigore le norme vigenti in materia di imballaggio e di etichettatura dei prodotti pericolosi, con l’obbligo di rispettarle anche nel caso in cui la controparte non sia parte contraente della Convenzione.

Le norme modificate in modo più rigido sono, innanzitutto, quelle relative alla frequenza e ai tempi di presentazione delle informazioni richieste e delle notifiche di esportazione, notifiche che dovranno essere comunicate direttamente ai paesi interessati con la garanzia e il controllo sulla esattezza dei contenuti da parte della Commissione. Inoltre, il nuovo sistema PIC impone, come visto, una disciplina più dettagliata sugli obblighi di assistenza e collaborazione.

Altro indice di questa politica della Commissione in senso più intransigente appare la scelta di introdurre, oltre al mantenimento della categoria dei prodotti chimici pericolosi vietati o il cui uso finale è soggetto a rigorose restrizioni, quella dei preparati che contengono tali sostanze, qualora assoggettati ad un determinato regime di etichettatura europeo.

Infine l'obbligo di notifica viene esteso agli articoli composti da prodotti chimici, che ne renderebbero l’uso o lo smaltimento dannoso32. Tuttavia l’estensione della normativa a tali articoli causerebbe un insostenibile carico amministrativo oltre che una confusione tra gli esportatori e i paesi terzi. E’ per questo che si propone di estendere la procedura di notifica delle esportazioni agli articoli solo qualora essi contengano una forma reattiva di prodotti chimici vietati o se tali prodotti chimici siano sottoposti a rigorose restrizioni nella Comunità o soggetti alla procedura internazionale PIC. Addirittura si propone di impedire, nel dubbio, l'esportazione di quegli articoli che contengano prodotti chimici che presentino particolari problemi di definizione33.

2.1. I punti nevralgici del nuovo regolamento.

Tralasciando gli articoli che riformulano letteralmente le corrispondenti norme della Convenzione o del Regolamento n. 2455/92 (abrogato o, rectius, sostituito dal nuovo sistema PIC) senza, pero’, aggiungere nulla o quasi a quanto deciso a Rotterdam, soffermiamoci solo sulle disposizioni che introducono elementi di novità, invitando cionondimeno a ricordare come la disciplina si complichi, data la volontà della Commissione di delineare, allo stesso tempo, il modello di base di Rotterdam, un sistema temporaneo arricchito dal contributo volontario della FECC e della Cefic, e il sistema definitivo del Regolamento 304/2003: per chiarezza espositiva metterò a confronto solamente il modello di Rotterdam con quello attuativo del gennaio 2003.

Dopo aver ribadito gli obiettivi della Convenzione di Rotterdam (la condivisione delle responsabilità e la collaborazione nel settore dei movimenti internazionali dei prodotti pericolosi in nome della tutela della salute umana e dell’ambiente) ed aver specificato che lo scopo ultimo e’ quello dell’ “uso ecocompatibile” delle sostanze chimiche, il Regolamento de quo individua il campo di applicazione (art. 2), limitandosi di fatto a riprendere l’elenco dei casi esonerati e specificando che non sarà necessaria alcuna procedura nel caso di quantità inferiore ai 10 kg, misura per la quale è legittimo anche dubitare che si possa parlare di commercio internazionale di beni. La differenza forse più evidente tra il regolamento e la Convenzione di Rotterdam riguarda i medicinali ad uso umano o veterinario: non vengono esclusi tutti dal campo di applicazione del regolamento, dato che sembrerebbe aperta la possibilità di sottoporre al « previo consenso informato » almeno i disinfettanti, parassiticidi e altri biocidi, poichè rientrerebbero nella definizione di “pesticidi” stabilita nel codice di condotta della FAO.

Per quanto riguarda le differenze terminologiche tra i due testi in analisi vale sottolineare come, per ragioni di trasparenza e chiarezza, siano state introdotte, oltre alle categorie di “pesticidi” e di “chimici sottoposti a restrizioni o divieti”, anche alcune sottocategorie34. La Commissione enuclea, infatti, dalla categoria dei pesticidi i prodotti fitosanitari, distinguendoli dagli altri prodotti pesticidi, tra cui anche i biocidi, riproponendo cosi’ la normativa comunitaria in materia. Vengono altresì proposte due sottocategorie anche per i prodotti chimici industriali, ossia: le sostanze destinate ad usi professionali e quelle utilizzate dai consumatori finali. Questa impostazione è conforme al regolamento (CEE) n. 2455/92 e risponde anche alle preferenze delle associazioni di rappresentanza delle imprese operanti nel settore. Inoltre cosi’ facendo si amplia il campo d'applicazione del regolamento.

La Commissione ribadisce, tuttavia, come sia “inopportuno” imporre l'obbligo di notificare al Segretariato PIC tutti gli atti normativi della Comunità, “allo scopo di inserire eventualmente nella procedura PIC determinati prodotti chimici”, e cio’ per rendere il più chiaro ed efficiente possibile il sistema e per non sovrapporlo ad eventuali accordi internazionali pattuiti35. Solo i prodotti “vietati o soggetti a rigorose restrizioni nei termini della Convenzione” saranno sottoposti a notifica e al sistema PIC.

Sempre per motivi di maggiore chiarezza la notifica d’esportazione sarà obbligatoria anche per i prodotti chimici soggetti alla procedura internazionale, poiché, per definizione, si tratta di sostanze pericolose, a meno che il paese importatore non abbia già dato il suo assenso.

Designate le autorità amministrative nazionali (art.4, comma I), il Regolamento fissa un termine massimo di tre mesi, dalla sua entrata in vigore, entro il quale lo Stato aderente ne deve dare notifica alla Commissione. La Commissione si comporterà quale autorità comune designata per tutte le autorità nazionali e sarà responsabile della trasmissione e dello scambio delle notifiche e delle informazioni tecniche richieste, oltre che delle comunicazioni al Segretariato relative agli atti nazionali definitivi non assoggettabili alla regolamentazione del PIC, ex Allegato I parte 136. Ulteriore compito della Commissione sarà quello di coordinare tutte le questioni tecniche relative alla conferenza delle parti e ai comitati di esame. In parole povere si riconosce, a differenza di quanto previsto dalla Convenzione di Rotterdam, un ruolo importante alla Commissione, rendendo meno gravosa l’attività del Segretariato, che viene trasformato in organismo operativo senza l’onere di coordinamento delle singole fasi della procedura.

All’art.6 si reimpostano i contenuti degli allegati. In particolar modo l’Allegato I conterrà i prodotti chimici oggetto di regolamentazione, dividendoli in tre categorie: la parte 1 indicherà i prodotti soggetti all’obbligo di notifica di esportazione recante informazioni sull’identità della sostanza, sulla categoria e sulle eventuali restrizioni; la parte 2 indicherà i prodotti assoggettabili anche alla procedura PIC; al punto 3 sono riportati i prodotti assoggettabili al PIC con le eventuali informazioni necessarie.

La Commissione inserisce, poi, nell’intelaiatura individuata con la Convenzione di Rotterdam, alcune precisazioni, come ad esempio quella prevista ex art. 7 in merito ai termini ultimi entro i quali l’esportatotre deve inviare la notifica di esportazione all’autorità nazionale dello Stato presso il quale risiede (30 giorni prima dell’avvenuta esportazione); notifica che la Commissione dovrà garantire e recapitare, con un anticipo di 15 giorni, alla parte importatrice. Inoltre, si modifica il soggetto onerato dalle notifiche: nel Regolamento non si fa più riferimento alla “parte esportatrice” ma all’ “esportatore”. Dunque il nuovo sistema prevede un obbligo gravante su ciascun esportatore di notificare tutti gli anni la prima operazione di vendita internazionale di una sostanza. Tutto cio’ in contrasto con la Convenzione che disponeva, invece, che l'obbligo di notificare la prima esportazione spettava alle “parti” aderenti alla Convenzione (cioè le autorità designate). Sarà poi compito della Commissione trasmettere al paese importatore la notifica del primo esportatore della sostanza, per ogni anno civile.

Diversamente da quanto stabilito precedentemente dal Regolamento (CEE) n. 2455/92, oggi non è più necessario attribuire un numero di codice da utilizzare anche per le esportazioni successive. Pertanto il nuovo sistema, già operativo grazie agli impegni spontaneamente sottoscritti dalla FECC e dal CEFIC, introdurrà una procedura più semplice e snella. Con la documentazione della Commissione si creerà un repertorio unico di tutte le notifiche consultabili tramite Internet, fatto salvo il diritto al segreto in determinati casi in cui vi sia l’interesse dell’importatore.

Solo in caso di emergenza o di urgenza a tutela della salute pubblica o dell'ambiente nel paese importatore è poi previsto che l'autorità nazionale designata di uno Stato membro possa revocare l'obbligo di notifica d’esportazione.37

Ex art. 9 del Regolamento possiamo ricavare alcune nuove disposizioni in materia di dichiarazione dei quantitativi delle sostanze esportate. Gli esportatori sono tenuti a presentare agli Stati membri relazioni annuali sui quantitativi esportati e in tali informative dovranno indicare i singoli paesi e i nomi degli importatori. La disciplina appare più severa rispetto a quanto previsto nella Convenzione, dato che tali norme si accompagnano a quanto già applicato nella pratica grazie agli accordi volontari degli industriali. Cio’ permette ad ogni Stato di redigere una relazione completa e di raccogliere tutti i dati nazionali, secondo quanto indicato già nell'allegato IV della proposta di regolamento. Sarà compito della Commissione trasmettere ad ogni Stato membro i dati necessari e redigere una sintesi di tutte le informazioni, pubblicando un documento pubblico finale.

Degni di nota rimangono a questo punto pochi articoli: tra questi giova ricordare sicuramente l’art. 10, l’art. 12 e l’art.13.

All’art.10 si disciplina la partecipazione della Commissione nella procedura di notifica PIC, quale intermediario tra Segretariato e le Parti, oltre che garante della completa e corretta circolazione delle informazioni secondo le fasi già esposte dalla Convenzione. Stabiliti, poi, all’art. 12 gli obblighi concernenti le importazioni38, seguendo i binari tracciati dall’art. 5 del Regolamento n. 304/2003 e ribadendo anch’esso l’importanza della Commissione nel suo ruolo di attiva partecipazione in ogni fase della procedura, il Regolamento 304/2003 si discosta parzialmente dal modello del 1998 all’art.13. In tale articolo vengono sanciti obblighi in materia di esportazione diversi da quelli presenti durante la notifica di esportazione e, per chiarezza espositiva, si indiduano due livelli. Al primo si definiscono gli obblighi in caso di esportazioni sottoposte alla procedura PIC, indicati dall’Allegato I, parte 3: “ad ogni prodotto chimico elencato nell’Allegato I la Commissione attribuisce un codice di classificazione nell’ambito della nomenclatura combinata della Comunità europea […]. Ciascuno Stato membro comunica ai soggetti interessati […] le risposte trasmesse dalla Commissione [in base alle informazioni ricevute dal Segretariato e dalla conferenza delle parti in base alla procedura PIC]. Gli esportatori si conformano alle decisioni contenute in ciascuna risposta […]”. Laddove necessario e richiesto, poi, la Commissione e gli Stati membri assicureranno assistenza alle parti importatrici affinchè esse possano ottenere ulteriori informazioni utili per rispondere al Segretariato.39 Ma qualora una parte non si esprima con un esplicito consenso all’importazione del prodotto soggetto a procedura PIC cio’ di per sè è sufficente a bloccare la vendita del chimico.

Al secondo livello, invece, si individuano gli obblighi generali, peraltro solo meglio specificati rispetto a quanto definito già dalla Convenzione, in materia di codici doganali e di controlli nei siti di produzione.

Conclusioni

L’analisi del Regolamento n.304/2003 permette di comprendere quanto complessa e laboriosa sotto il profilo burocratico sia la strategia della Commissione in materia di commercio internazionale di prodotti chimici. A differenza di successive proposte (ad esempio il modello REACH in discussione proprio in questi giorni), comunque, un sistema cosi’ strutturato ha il pregio di individuare ex ante criteri oggettivi, quali condizioni di attuazione delle procedure di controllo. Il vincolare tali controlli e scambi di informazione al fatto che la data sostanza chimica o il pesticida sia già soggetta, in più stati aderenti, a vincoli e restrizioni legislativi permette di superare i limiti del principio di precauzione40, anche se nel parere del Comitato economico e sociale in merito alla proposta del Consiglio si sottolinea come il richiamo alla dichiarazione di Rio contenuto nei testi analizzati dovrebbe comprendere, tra l’altro, una stretta connessione tra il sitema disciplinato e il principio dianzi criticato41 .

Altro elemento degno di nota è l’attenzione concessa al problema dello “sviluppo armonizzato di politiche che tengano conto anche delle altre convenzioni”42. Assistiamo ormai da più di una decina di anni ad una intensa politica di razionalizzazione del settore chimico da parte della Commissione, sforzo che non ha prodotto i frutti desiderati. Ormai la procedura adottata è quella di coinvolgere le associazioni del settore e di formulare veri e propri testi unici che pongano fine ad un approccio confuso e spesso poco lineare. Provocatoriamente ci si puo’ chiedere cosa accadrebbe se la Commissione accettasse di affidarsi alle iniziative di autodisciplina delle federazioni europee, ed attuasse quanto indicato dal “Libro Bianco sulla responsabilità civili da danno ambientale”43, e dagli altri testi di riferimento in materia ambientale44, e magari considerasse l’idea di istituire un fondo di emergenza per interventi riparatori urgenti in caso di incidenti o in caso di impossibilità di individuazione del responsabile, fatta salva l’applicazione del principio “polluters pay45, assumendo così da esempio il modello americano.

1 www.pic.int

2 Tratto da “Parliament approves Blockland reports on international trade in dangerous chemicals”, in Bullettin Quotidien European, n. 8331, del 31/10/2002.

3 Dal documento ufficiale della nona sessione del “Intergovernmental negotiating committee for an international legally binding instrument for the application of the prior informed consent procedure for certain hazardous chemicals and pesticides in international trade”, organizzato dall’UNEP e dalla FAO il 30/9/2002 a Bonn.

4 Agenda 21, capitolo 19 sulla “Gestione ecologicamente razionale delle sostanze chimiche tossiche, compresa la prevenzione del traffico internazionale illegale di prodotti tossici e pericolosi”, art. 1. In www.unep.org .

5 Convenzione di Rotterdam 10/9/1998, art.1 “Obiettivo”.

6 Ibidem, art. 3,1.

7 Art. 3.2.

8 Per “atto normative definitivo” si intende “un qualsiasi provvedimento adottato da una delle parti, che non necessita di ulteriori provvedimenti normative della parte stessa, avente lo scopo di vietare o di assoggettare a rigorose restrizioni una sostanza chimica”. Art. 2, punto f).

9 Art. 5.1.

10 Allegato I.

11 Artt. 5.3 e 5.4.

12 Tale conferenza è istituita ex art. 18 : al comma 1 di tale articolo si dispone che la prima convocazione deve avvenire non più tardi di un anno dall’entrata in vigore della Convenzione, ad opera di iniziativa presa dal direttore generale Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e da quello delProgramma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

13 Art. 18.5

14 Ruolo che verrà poi ad essere occupato dalla Commissione in seguito alle modifiche apportate dal Regolamento n.304/2003.

15 Art.6.

16 Allegato IV, parte 1.

17 Allegato IV, parte 2.

18 Art. 7.

19 Art. 8.

20 Art.10.2.

21 Nel qual caso prenderà le necessarie iniziative per bloccare eventuali importazione del prodotto provenienti da diverse nazioni e procederà con il divieto della produzione interna della sostanza incriminata (art.10.9.).

22 Art. 10.4.

23 Art. 11.1.

24 Art. 11.2.

25 http://europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/121275.htm

26 Allegato V, parte a).

27 Cnf. “Opinion of the economic and Social Committee on the proposal for a Council regulation concerning the export and import of dangerous chemicals”, pa g.5. COMM (2001) 803 final – 2001/0026 (ACC).

28 Va sottolineato comunque che sono fatte salve le normative di riferimento, in base ai quali vengono imposti divieti o rigorose restrizioni a determinati prodotti chimici nell'UE (direttiva 76/769/CEE del Consiglio relativa alle restrizioni in materia di immissione in commercio e uso di taluni prodotti chimici pericolosi e taluni preparati pericolosi, la direttiva 79/117/CEE del Consiglio che vieta l'immissione in commercio di prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive, la direttiva 91/414/CEE del Consiglio relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari e la direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sui biocidi).

29 “Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, decide in merito alle azioni che devono essere intraprese dalla Comunità per realizzare gli obiettivi dell'articolo 174” ossia “promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale” per la salvaguardia della salute umana e la tutela dell’ambiente.

30 « La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni.

La Commissione presenta al Consiglio proposte per l'attuazione della politica commerciale comune […] ».

31 http://www.europarl.eu.int/meetdocs/committees/envi/20020219/com(2001)803it.pdf

32 Regolamento (CE) n. 304/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’esportazione ed importazione di prodotti chimici pericolosi, Considerando. GU L 63 del 6.3.2003.

33 Proposta di regolamento del Consiglio sull’esportazione ed importazione dei prodotti chimici pericolosi COM(2001) 803. http://www.europarl.eu.int/meetdocs/committees/envi/20020219/com(2001)803it.pdf

34 Art.3, punto 4) e punto 5).

35 Proposta di regolamento del Consiglio sull’esportazione ed importazione dei prodotti chimici pericolosi COM(2001) 803. http://www.europarl.eu.int/meetdocs/committees/envi/20020219/com(2001)803it.pdf

36 Art.5, comma III.

37 Art.7, comma IV.

38  “1. La Commissione trasmette immediatamente agli Stati membri i documenti di orientamento decisionale che essa riceve dal segretariato. Essa decide mediante risposta definitiva o provvisoria a nome della Comunità, sulle future importazioni comunitarie dei singoli prodotti chimici, conformemente alla legislazione comunitaria vigente e alla procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Essa comunica quindi tali decisioni al segretariato quanto prima possibile, e comunque entro nove mesi dalla data di invio del documento di orientamento decisionale.

Qualora ai sensi della legislazione comunitaria si applichino ad un determinato prodotto chimico restrizioni supplementari o diverse da quelle iniziali, la Commissione rivede con la stessa procedura la propria decisione sull'importazione e ne dà comunicazione al segretariato.

2. Qualora un prodotto chimico sia vietato o soggetto a rigorose restrizioni nella legislazione di uno o più Stati membri, la Commissione, dietro richiesta scritta dello Stato membro o degli Stati membri interessati, tiene conto di tale informazione nella sua decisione sulle importazioni.

3. Le decisioni sulle importazioni ai sensi del paragrafo 1 fanno riferimento alla categoria o alle categorie specificate per il prodotto chimico nel documento di orientamento decisionale.

4. Nel comunicare la decisione sulle importazioni al segretariato la Commissione riporta i provvedimenti legislativi o amministrativi che ne costituiscono la base giuridica.

5. Ciascuna autorità nazionale designata nella Comunità mette a disposizione dei soggetti interessati nel proprio ambito di competenza le decisioni sulle importazioni di cui al paragrafo 1, a noma dei provvedimenti legislativi o amministrativi.

6. Laddove opportuno la Commissione valuta, in stretta cooperazione con gli Stati membri, la necessità di proporre misure comunitarie ai fini della prevenzione di eventuali rischi

inaccettabili per la salute umana e l'ambiente nell'ambito della Comunità, tenendo conto delle informazioni contenute nei documenti di orientamento decisionale”.

39 Art. 13, comma II, III, IV e V.

40 Su questo punto mi sia consentito rinviare a: A. Zuccarello, Attuali orientamenti dell’Unione Europea in materia di sostanze chimiche, tra buoni propositi e rischi di competitività, in Diritto & Diritti - Rivista giuridica elettronica, http://www.diritto.it/articoli/europa/zuccarello.html

41 Parere del Comitato economico e sociale in merito alla proposta di regolamento del Consiglio sull’esportazione ed importazione dei prodotti chimici pericolosi, COM(2001) 803 def.-2002/0026 (ACC), 2002/C 241/09, pag. 56.

42 Ibidem.

43 Libro bianco sulla responsabilità per danni all'ambiente, COM (2000) 66. http://europa.eu.int/comm/off/white/com2000_66.htm

44 Prevenzione e riparazione del danno ambientale: la Commissione adotta un regime di responsabilità civile per il settore ambientale, su http://europa.eu.int/infonet/it/archives/0152.htm

45 “Secondo il principio chi inquina paga, coloro che causano danni all'ambiente devono sostenere i costi per ripararli, o rimborsare tali danni. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi, la politica ambientale non dovrebbe essere finanziata dai fondi pubblici, ma dagli stessi responsabili dell'inquinamento, se identificabili.Tuttavia, nella prima formulazione politica del principio (raccomandazione del Consiglio 75/436/Euratom, CECA, CEE e comunicazione allegata) la Commissione ha stabilito una serie di deroghe , previste anche dall'articolo 175, paragrafo 5, del trattato”. Tratto da Applicazione del principio “chi inquina paga” - Diversificare i tassi di participazione comunitaria per gli interventi dei Fondi strutturali, del Fondo di Coesione e dell'ISPA nel settore delle infrastrutture. http://europa.eu.int/comm/regional_policy/sources/docoffic/working/poll_it.htm .

dal sito Altalex

 

 

28/01/2004

 

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