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Il Distretto Culturale Evoluto. L'innovazione tocca lo sviluppo territoriale. A cura di G. Caracciolo

 Il Distretto Culturale Evoluto: una proposta innovativa per la programmazione 2007-2013.
di Giorgio Caracciolo
(*)

Con l’avvio del nuovo periodo di programmazione comunitaria, per la prima volta verrà offerta la possibilità agli Enti locali di intervenire attivamente nella gestione dei fondi.

I Comuni saranno infatti i protagonisti dello sviluppo locale in quanto rappresentano le istituzioni più vicine alle imprese ed inoltre dispongono di un patrimonio di conoscenze, di professionalità e di servizi, necessari al conseguimento di tale scopo.

E’ opportuno quindi valutare con attenzione tutti i possibili modelli di sviluppo che tengano conto delle priorità individuate dalla Comunità europea, definite a Lisbona e a Goteborg, in merito alla vivibilità e sostenibilità sociale, ma anche delle esigenze del territorio individuate dalla nostra Regione nella stesura del Documento Strategico che ha ricevuto il contributo della Cittadinanza Attiva.

Tra queste, uno degli elementi chiave emersi dalla elaborazione delle singole proposte dei cittadini riguarda la possibilità di utilizzare il Distretto Culturale quale modello per lo sviluppo locale, anche in funzione della evoluzione di domanda culturale.

L’idea progettuale, alla quale hanno collaborato il Prof. Pierluigi Sacco (pro rettore alla Comunicazione presso l’Università IUAV di Venezia) ed il Dott. Guido Ferilli dell’Università di Bologna, interessa lo sviluppo di nuove forme di ibridazione e contaminazione creativa tra le diverse filiere economiche del territorio che presentano interessi comuni orientati alla creatività culturale e tecnologica. L’implementazione del modello distrettuale proposto prende come riferimento il territorio rappresentato da Bagnolo, Cannole, Cursi e Palmariggi che formano l’Unione dei Comuni “Entroterra Idruntino” a Sud Est di Lecce: un territorio ricco di storiche masserie fortificate, trappiti ipogei, botteghe di artigianato artistico (del ferro battuto, dei ricami a tombolo, della lavorazione della pietra), aziende agrituristiche ed imprese della filiera dell’olio.

Lo stesso modello può essere replicato in molti altri contesti regionali, anche più vasti territorialmente, che intendono valorizzare quei fattori intangibili come la qualità della vita o l’inclusione sociale.

Come si può notare, in questo modello di sviluppo il patrimonio culturale non rappresenta un bene materiale del Turismo fine a se stesso, bensì un elemento immateriale che funge da comune denominatore tra le varie filiere produttive che rappresentano il territorio, in grado quindi di integrare il Turismo Culturale in una catena del valore molto più ampia, tale da essere definito distretto culturale “evoluto”, rispetto ad altri modelli di sviluppo.

Ad esempio, nei Distretti industriali presenti oggi nella nostra regione, ed in alcuni Distretti culturali sorti in Europa negli ultimi 20 anni, prevale il concetto di specializzazione mono-filiera: pensiamo al distretto della calzatura, a quello dell’abbigliamento o del salotto, oppure al distretto culturale di Linz o a quello del barocco di Noto.

Nel Distretto Culturale “evoluto”, invece, prevale un nuovo concetto di specializzazione di diverse filiere produttive individuabili in un Cluster di attività che, attraverso il tessuto culturale, contribuiscono allo sviluppo del territorio, interagendo con i vari stakeholders (gli attori del territorio): la Pubblica amministrazione, l’Università, le filiere produttive, i sistemi formativi, ma anche i produttori culturali e naturalmente la società civile.

Il Distretto Culturale “evoluto” - teorizzato dal Prof. Sacco - nasce proprio dalla crisi del modello di distretto industriale ed è la naturale evoluzione dei primi Distretti culturali in quanto si fonda sulla valorizzazione di elementi immateriali (il cd. Patrimonio invisibile).

Ma il suo successo è determinato dalla capacità di Governance dei processi di accumulazione delle nuove forme di capitale: umano, informativo, sociale, identitario.

Il primo caso in Italia di Distretto Culturale “evoluto” lo troviamo nel comune di Faenza che si prefigge lo scopo di realizzare un piano strategico della Città per attivare uno sviluppo integrato tra il settore della cultura, quello produttivo e quello formativo.

Benché il Distretto Culturale “evoluto” sia parte del DNA del nostro patrimonio culturale, la sua attuazione comporta un forte cambiamento di rotta per dare valore al patrimonio invisibile ed acquisire quel vantaggio competitivo che rende il territorio “unico” nel mercato globale.

* - dr. Giorgio Caracciolo - Consulente aziendale esperto in agevolazioni alle imprese e progettazione per la P.A. - Titolare "CF&M Consulting" - (g.caracciolo@cfm-consulting.it).


 

23/01/2007

 

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