19 maggio 2024
Cerca  
 Digitalizzazione
 Internazionalizzazione
 Approfondimenti
 Links
 Eventi
 Newsletter 
 Formazione 
 Servizi 
 Contatti 
 Utilità 
 Archivio News 
 
 

LETTERE DI INTENTI E DOCUMENTI PRECONTRATTUALI NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

di Andrea Lisi

(articolo già pubblicato sulla Rivista Telematica La Pratica Forense –www.lapraticaforense.it)

 

Come è noto, il legislatore italiano ha riservato nel codice civile una certa attenzione alla fase prenegoziale, mirando a favorire la nascita di trattative animate dal fondamentale principio della buona fede. Gli artt. 1337 e 1338 c.c. mirano, infatti, a “moralizzare” la trattativa contrattuale e, quindi, la formazione del contratto, introducendo la particolare figura della responsabilità precontrattuale, che può essere definita come la responsabilità per lesione della libertà negoziale, con conseguente risarcibilità del danno nei limiti del c.d. interesse negativo, (si vedano Cass. civ. 12 marzo 1993, n. 2973, e ancora Cass. civ. 25 gennaio 1988, n. 582; da ultimo Cass. n. 1632/2000). Essa non mira, infatti, a tutelare l’interesse positivo all’adempimento, ma l’interesse negativo del soggetto a non essere coinvolto in trattative inutili, a non stipulare contratti invalidi o inefficaci e a non subire raggiri o inganni durante la formazione della volontà contrattuale.

Con l’art. 1337 c.c., il legislatore ha voluto, pertanto, regolare il comportamento che le parti devono tenere nello svolgimento delle trattative attraverso un principio piuttosto elastico e cioè quello della buona fede.(1)

Secondo la disciplina italiana, come commentata dalla dottrina più autorevole, la buona fede esprime il principio della solidarietà contrattuale e si specifica nella lealtà e nella salvaguardia dei rapporti precontrattuali.

Gli obblighi tipici della buona fede nella fase prenegoziale, che si ricavano anche dalle varie pronunce giurisprudenziali, possono tradursi in:

a) dovere di informazione: può essere sinteticamente definito come dovere di informare l’altra parte sulle circostanze di rilievo che attengono l’affare.

b dovere di chiarezza: deve intendersi l’esigenza di evitare un linguaggio non pienamente comprensibile dalla controparte.

c) dovere di segretezza e riservatezza.

d) obbligo di compiere tutti gli atti necessari per la piena validità ed efficacia del contratto: essi costituiscono nient’altro che l’impegno del contraente ad attivarsi per ottenere tutte le necessarie ed eventuali autorizzazioni richieste a pena di nullità o di inefficacia del contratto che si intende stipulare.

La responsabilità precontrattuale non presuppone un obbligo di contrarre: siamo, infatti, al di fuori della fase negoziale, così come siamo al di fuori della fase di stipulazione di un contratto preliminare dove si risponde per inadempimento se non viene eseguita l’obbligazione dovuta. Qui, invece, la responsabilità del soggetto deriva piuttosto dall’aver dolosamente o colposamente indotto l’altro contraente a confidare nella conclusione del contratto stesso.

Si tratta dell’ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative dopo che era stata raggiunta un’intesa di massima sui punti essenziali dell’affare o, ancora, del caso della trattativa maliziosa, volta ad uno scopo diverso da quello della conclusione del contratto (ad esempio si utilizza la trattativa al solo fine di conoscere documenti utili della controparte o di disturbare la trattativa di altro concorrente). Altre ipotesi tipiche sono la responsabilità precontrattuale derivante dalla dolosa o colposa stipulazione di un contratto invalido o inefficace, o ancora la violenza o il dolo esercitato dall’altro contraente (o anche da un terzo) per impedire la conclusione del negozio.

Una applicazione estensiva dell’art. 1337 c.c. consente di configurare la disciplina della responsabilità precontrattuale anche in ipotesi diverse dalla mancata conclusione dell’accordo negoziale e, cioè, ad esempio, quando viene stipulato, a causa del comportamento sleale dell’altro contraente o di un terzo, un contratto a condizioni svantaggiose; in quest’ultimo caso l’interesse leso è costituito dalla perdite che la vittima avrebbe evitato o dalle migliori condizioni che avrebbe potuto realizzare se non lo avesse stipulato.

Come già anticipato, l’obbligo del risarcimento del danno è giurisprudenzialmente limitato al c.d. interesse negativo , il quale può essere definito come l’interesse del soggetto a non essere leso nella sua libertà negoziale. Più precisamente, in caso di rottura ingiustificata delle trattative, il soggetto ingannato potrà chiedere un risarcimento del danno consistente nelle spese inutilmente erogate e nella perdita di occasioni contrattuali (Cass. civ. 25 gennaio 1988, n. 582.).

Non sempre, però, le regole del nostro codice civile trovano conforto negli apparati normativi di altri Stati. Per tale motivo - e considerata la fondamentale importanza dello “scambio di idee e informazioni” nei rapporti commerciali internazionali e soprattutto nella costruzione di “architetture contrattuali complesse”(2) - gli operatori economici più attenti hanno da sempre provveduto a tutelare in qualche modo la correttezza e la buona fede, durante tale delicata “fase di conoscenza”. Se, quindi, gli operatori economici italiani possono contare sulla tutela offerta dalla disciplina della responsabilità precontrattuale prevista dal codice civile, lo stesso non può dirsi (almeno in maniera automatica) nel caso in cui essi si confrontino con partners stranieri; evenienza questa ormai molto frequente.

Se tante volte la disciplina del codice civile italiano, come specificata dalle leggi speciali, trova dei punti di contatto a livello internazionale con la Convenzione di Vienna del 1980 e con gli stessi principi UNIDROIT, ben poco si trova a livello internazionale sulla responsabilità precontrattuale come contenuta nell’ordinamento giuridico italiano con specifico riferimento ai contratti a formazione progressiva.

In verità, senza volerci assolutamente addentrare in una difficile analisi in chiave comparatistica sulla responsabilità precontrattuale, si può riferire brevemente che nella maggior parte dei Paesi vi è un orientamento che tende a conformarsi al principio della buona fede nelle trattative (3).

La Convenzione di Roma nulla esplicitamente prevede in ordine alla responsabilità precontrattuale. La lex mercatoria contiene soltanto un generico rinvio al principio di correttezza e di buona fede nelle trattative, con l’avvertenza comunque che, nel commercio internazionale, l’obbligo di agire secondo correttezza non comporta a fortiori il divieto di recesso immotivato dalle trattative stesse o di condurre trattative in parallelo; così come ben poco si prevede per quanto concerne gli obblighi di segretezza.

Ancora occorre riferire che, trattandosi di rapporti di natura internazionale, in caso di controversie si dovranno affrontare problemi legati alla legge applicabile e al giudice competente (4)…

Per tutti questi motivi nella prassi internazionale, soprattutto quando la trattativa presenta rischi di malafede o sia particolarmente complessa, è buona regola tutelarsi con uno o più documenti che elenchino con precisione i doveri cui ci si deve attenere durante la fase prenegoziale e vengano prestabilite le stesse conseguenze di un possibile abbandono.

Occorre precisare che tali accordi precontrattuali, spesso molto diversi tra loro, sono tutti accomunati dalla precisa intenzione delle parti di non impegnarsi o, comunque, di lasciare ancora aperti dei margini di incertezza sul carattere giuridicamente vincolante del loro accordo (altrimenti saremmo in presenza di un vero e proprio contratto preliminare). Possono sottoscriversi semplici accordi di segretezza e/o di divieto di condurre trattative in parallelo oppure siglare accordi spesso più complessi come le c.d. Lettere di Intenti (5).

Citate spesso “Letter of intent” o “Memorandum of understanding” o ancora “Head of Agreement”, questi documenti, negli scambi commerciali internazionali, hanno lo scopo precipuo di formalizzare alcune decisioni e di regolamentare la conduzione delle negoziazioni.

La lettera d’intenti è, infatti, un documento scritto che dichiara, attesta, garantisce un’intenzione, un programma, un’iniziativa: la finalità è, quindi, quella di ottenere dai destinatari della lettera maggior credito, affidamento, fiducia al fine di sviluppare con maggiore sicurezza i futuri affari.

Le lettere d’intenti possono essere di vari tipi. Citiamo i più comuni:

ü Lettere nelle quali si descrivono gli obiettivi delle negoziazioni tra le parti e si indica la procedura per condurre la negoziazione, fissandone il termine.

ü Lettere più semplici nelle quali si indicano soltanto alcuni aspetti dell’argomento che le parti vogliono trattare.

ü Lettere che stabiliscono precisi doveri e responsabilità di entrambe le parti (es. non negoziare contemporaneamente con altri, mantenere riservate le informazioni relative alle trattative in corso…).

ü Lettere che definiscono esattamente a che punto è arrivata la negoziazione.

In ogni caso, comunque, occorre avvertire che il carattere vincolante di una lettera di intenti non è certamente quello di un contratto; e, infatti, possono addirittura nascere controversie sull’efficacia dei vincoli che creano tali lettere d’intenti: ciò dipende dalle varie legislazioni, alcune delle quali non sono chiare circa la loro efficacia. In ogni caso, nella stessa lettera di intenti (se essa risulta ricca di impegni e doveri reciproci) ben si può inserire una clausola arbitrale per la risoluzione di controversie sorte durante le trattative e magari indicare la legge da applicare in caso di controversie.

Comunque, a prescindere dalla loro efficacia vincolante, esse certamente hanno un’importante funzione in sede interpretativa del contratto successivamente stipulato (si vedano in Italia gli artt. 1362 c.c. e ss.); in ogni caso, occorre osservare che il fatto di fissare per iscritto obiettivi, finalità, durata (…) delle trattative provoca l’effetto di dissuadere la controparte dal continuare a trattare, se non è abbastanza interessata alla conclusione dell’accordo: in questo modo si cerca di raggiungere a livello internazionale quella funzione “moralizzatrice” esercitata dagli artt. 1337 e 1338 c.c..

Rimane indispensabile, infine, stabilire esattamente l’obiettivo che si vuole raggiungere con esse, evitando ogni possibile malinteso o fraintendimento.

Sinteticamente si può riferire che i punti principali che una lettera d’intenti dovrebbe contenere sono:

1) dichiarare i motivi che stanno all’inizio delle negoziazioni;

2) indicare eventuali accordi già raggiunti (per non rimetterli in discussione);

3) chiarire che le parti avranno diritti ed obblighi in conformità al raggiungimento totale dell’accordo, e non prima;

4) fissare un termine per giungere ad un accordo globale;

5) elencare i motivi che possono provocare una sospensione della negoziazione per evitare possibili contestazioni;

6) stabilire un impegno reciproco per la necessaria riservatezza.

 

Note:

(1) Anche l’art. 1338 c.c., secondo la giurisprudenza consolidata, costituisce una specificazione di tale principio e si concretizza quando una parte, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra che confidava sulla sua validità, salvo che quest’ultima non potesse conoscerla usando la normale diligenza.

(2) Ci si riferisce, ad esempio, ai contratti di costituzione di joint venture, ma comunque a tutti i contratti a formazione progressiva … I contratti a formazione progressiva, come è noto, sono quegli accordi di natura complessa caratterizzati normalmente da un lunga fase prenegoziale (ad es. acquisizioni societarie, contratti aventi per oggetto investimenti o forme di cooperazione produttive, contratti di fornitura di impianti “chiavi in mano”, costituzioni di joint ventures).

(3) L’ordinamento inglese, invece, tende a riconoscere alle parti massima libertà nella fase delle trattative. Si veda in proposito Draetta - Lake, Letters of intent and precontractual liability, in RDAI, 1993, pp. 836 e ss.

(4) Trattandosi di responsabilità di natura extracontrattuale dovrebbe ritenersi applicabile l’art. 62 della legge n. 218/1995. In tale articolo si dice che la responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento dannoso.

(5) Le lettere d’intenti non sono figure estranee alla tradizione giuridica italiana, infatti per dottrina ormai costante esse sono essenzialmente accumunate alle cd. minute contrattuali (o “puntuazione”), utilizzate anche dagli operatori commerciali italiani; così anche Trib. Milano, 26 giugno 1989, Giur. It., 1990, I, 2, 90. Per segnare l’effettivo discrimine tra contratto preliminare e documento di natura precontrattuale è intervenuta anche la Suprema Corte, la quale ha ribadito la superfluità del contenuto della minuta contrattuale (che può anche contenere tutti gli elementi essenziali del futuro accordo), conferendo essenziale rilevanza alla reale volontà delle parti; si sarebbe in presenza di un semplice documento di natura precontrattuale anche quando le parti, pur avendo documentato per iscritto tutti punti essenziali delle trattative (di per sé quindi astrattamente sufficienti a formare un valido contratto), abbiano dimostrato di volere subordinare la perfezione del contratto ad un successivo accordo anche relativo ad elementi secondari dell’affare perseguito (si vedano Cass. 29 marzo 1995, n. 3705 e Cass. 22 agosto 1997 n. 7857)

Andrea Lisi
Studio Associato D. & L.

 

 

© copyright 2001-2024 - Scint Lecce - Tutti i diritti riservati
 
Questo sito non rappresenta una testata giornalistica, infatti esso è espressione di un Centro Studi (Associazione senza fini di lucro denominata "SCINT") e viene aggiornato senza alcuna periodicità, esclusivamente sulla base della disponibilità del materiale.
Il sito è curato e coordinato dallo Studio Associato D.&L., di Lecce.