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Salento: un'analisi sul settore Tessile-Abbigliamento-Calzaturiero

Di Cosa ha bisogno il settore Tessile-Abbigliamento e Calzaturiero del Salento ?

A cura di Davide Diurisi – Studio Associato D&L – Centro Studi&Ricerche SCiNT – www.studiodl.it

 

… Riunioni, assemblee, tavoli di lavoro, unità di crisi, consorzi e progetti di varia natura. Un’orchestra sonante ricca di elementi e spartiti, ma un suono, ancora, decisamente, poco armonico.

 

Questa sembrerebbe essere – ad oggi – l’immagine, traslata su un palcoscenico, del settore del Tessile-Abbigliamento e Calzaturiero nel Salento.

 

Una situazione che certamente non ha i contorni ben definiti e le soluzioni a portata di mano, una situazione tutt’altro che semplice; ma – se questo non bastasse – la confusione è alimentata da un proliferare di interventi e iniziative che evidenziano, ancora una volta, il criterio del disordine e la cronica carenza di raccordo – a livello istituzionale – che impera su questo territorio.

 

Il settore industriale (che – a dire il vero – tale ancora non è) del T.A.C. è costituito da una miriade di piccole e piccolissime strutture produttive, che per vocazione, per tradizione o per necessità realizza una determinata fase di produzione del più complesso ciclo di lavorazione dei prodotti che siamo abituati a vedere sul mercato.

 

Queste lavorazioni sono per lo più legate a commesse, locali e non, spesso anche queste non inserite in un organico programma di produzione per tipologia, per linea o per mercato.

 

In queste sintetiche e rapide battute si può leggere il libro aperto di una produzione – quella salentina del T.A.C. – che non ha una sua rotta, non ha un suo programma, non ha una sua identità.

 

Vi sono, poi, come in tutti i settori e in tutti i mercati, i cosiddetti “casi di eccellenza”, o quello che oggi si definisce “best-practice”. Questi casi sono stati individuati e vengono chiamati a rappresentare il settore, a “trainarlo” e condurlo verso nuove mete, che – però – a loro volta non sembrano essere state definite in maniera sufficientemente precisa.

 

In questo quadro variopinto e colorato, che un po’ ci rappresenta nella nostra tradizione, un po’ ci tiene lontani dall’efficienza organizzativa tipica di altre aree del Centro Nord Italia e di molti Paesi Europei, probabilmente una delle cose più utili e necessarie è chiedersi di cosa può aver bisogno, nell’immediato, il settore TAC del Salento, sia per trovare fiducia nel mercato, sia per continuare a produrre e non issare bandiera bianca, sia, soprattutto, per far fronte ad una concorrenza sempre più vivace, sempre più capace, e ormai forte di costi di produzione neppure paragonabili ai nostri.

 

Vi sono due piani su cui ragionare: i problemi del mercato del lavoro da una parte, le tecniche e le strategie dall’altra.

 

Se la situazione occupazionale è soggetta a regole ed equilibri che difficilmente potranno trovare facile soluzione nel breve-medio termine (anche a causa di una indubbia difficoltà nelle trattative e di problematiche che hanno matrice nazionale), sul piano più squisitamente tecnico, se non si possono proporre mirabilia, quantomeno è opportuno pensare ad un’azione ben fatta che eviti di sgretolare quel poco che c’è e che porebbe essere rilanciato.

 

Ma cosa serve al T.A.C. salentino per essere rilanciato ? Quali le forze da mettere in campo in una fase così delicata per le Pmi e l’economia italiana in generale ?

 

Una risposta utile può essere ricercata andando a guardare a monte del problema; l’impresa salentina, la piccola impresa soprattutto, non è stata portata (né sostenuta dal punto di vista istituzionale) a comprendere l’importanza dell’innovazione.

 

Innovazione che non è solo tecnologia produttiva, ma anche innovazione dello stile, della comunicazione, dei rapporti con il mercato (sia nella fase di acquisizione di conoscenza, che nella fase di gestione dei contatti). Un’innovazione che si traduce in cultura d’impresa, in adeguamento ai tempi e ai modi di fare impresa in un mercato che è profondamente mutato.

 

L’impresa salentina ha bisogno di vedere la sua immagine riflessa in uno specchio che rappresenti l’identità del territorio. La tecnologia, la qualità, il design, non sono più – in larga massima – i fattori chiave su cui il famoso made in Italy può fondare il suo successo. Oggi il mercato è fatto di competitors che “acquistano” risorse, talenti, idee, poi eventualmente, riescono anche a produrre a costi inferiori.

 

Riferiamoci all’altrettanto complesso mercato dell’automobile: il mercato premia chi sa attirare gli utenti, proporzionalmente molto più di chi sa costruire automobili. La tecnologia è standardizzata, l’intuizione no.

 

E’ questa probabilmente la strategia da giocare. Il prodotto è parte di un’idea, non più viceversa. Il marketing cambia – anch’esso – le sue regole e i suoi presupposti.

 

Di cosa ha bisogno oggi il TAC salentino, allora ? Ha bisogno di identità, ha bisogno di coesione e comunicazione, ha bisogno di trasmettere all’esterno un’immagine di qualità di vita e di lavoro, un’immagine di idee e nuovi talenti.

 

Allora i casi di eccellenza ? Questi sono nati e si sono sviluppati in un contesto differente, con investimenti che non sempre sono alla portata di piccole realtà. Il progetto di marketing è riferito a quella moltitudine di operatori che “sono” il settore.

 

I mercati su cui sfidare la concorrenza e commercializzare la nostra produzione sono mercati internazionali, aperti, culturalmente pronti a comprendere messaggi ricchi di significato. Il prodotto perde la sua funzione primaria di utilità, e “si veste” (ironia della sorte ! ) di abiti nuovi, fatti di messaggi, di immagini, di offerte.

 

Il TAC salentino deve tornare sui banchi di scuola e imparare a leggere il mercato. La formazione di nuovi, giovani talenti deve essere orientata a comprendere e anticipare le dinamiche del consumo. Poi, un altro gruppo di nuovi, giovani talenti, deve imparare a coordinare le produzioni. Infine, ma non certo per ultimi, gli imprenditori, gli artigiani, i sapienti manipolatori della materia prima.

 

Come si realizza tutto questo ? Con un forte richiamo alla progettazione, con attenzione ai fattori chiave di un settore che ancora – nonostante i numerosi studi effettuati – non ha un’identità, né tantomeno un’idea di produzione.

 

Poi ancora con gli strumenti adeguati. L’innovazione tecnologica serve ad acquisire conoscenza, dialogare con i mercati. Internet è il vocabolario, l’enciclopedia con cui si studia e si inizia ad applicare. L’E-business è la modalità, il modus operandi, con cui si chiama il mercato; e lo si fa a livello internazionale.

 

Riviste e dossier, eventi e promozioni, inviti rivolti ad operatori esteri, turisti, attività di sponsoring … sono tanti i modi per rilanciare il settore e con questo il territorio, spingengo l’acceleratore su quel marketing di prodotto e di territorio che oggi, proprio grazie alle nuove tecnologie, può avvicinare le realtà più remote al centro gravitazionale del mercato.

 

Raccordo con le Istituzioni preposte, con i programmi di promozione all’estero, studio dei consumi su mercati-focus, sperimentazione di tecniche di presentazione e commercializzazione su un mercato estero.

 

Idee, tecniche, soluzioni … anche sul fronte delle opportunità c’è l’imbarazzo della scelta (a patto, certamente, di sapersi muovere nel contesto). L’emergenza rimane, tuttavia, la concertazione. Una concertazione che – però – deve partire dal basso, con una prospettiva tecnica e non politica, operativa e non istituzionale.

 

Catalogare le produzioni per attività, per ruolo nell’ideale filiera territoriale, quindi studiare soluzioni. In Friuli V.G. – ad esempio – esiste e funziona (molto bene) un “Centro Regionale per la Sub-Fornitura” (www.subcontract.fvg.it), una struttura dedicata a sostenere le piccole imprese nel loro ruolo di sub-produttori, quindi rappresentare un modo di fare impresa che, da condizione di dipendenza, diviene risorsa.

In Francia, ad esempio, esiste un importante E-marketplace dedicato al settore tessile-abbigliamento (www.texapro.com), in Europa, ancora, esiste “Euratex”, un’organizzazione che si occupa di gestire i principali problemi dell’industria tessile e coordina iniziative ed eventi a livello internazionale (www.euratex.org/content/mission.html).

 

Molti altri potrebbero essere gli esempi da conoscere e da seguire; ma tutto ciò diviene quasi inutile nel momento in cui non abbiamo predisposto una piattaforma su cui lavorare, nel momento in cui non abbiamo ben presente un piano degli interventi necessari.

 

Dopo aver vissuto 3 anni in Inghilterra e aver parlato e raccontanto tanto di questa terra, amici inglesi e alcuni imprenditori mi chiedono, molto pragmaticamente, che cosa c’è di interessante da fare nel Salento: <> .

 

Non so cosa rispondere … continuo a dire che abbiamo molto sole !

 

Anche in questo caso, il dibattito è aperto.

 

Davide Diurisi

www.studiodl.it

www.scint.it

 

 

 

 

 

27/02/2004

 

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